martedì 9 aprile 2019

XII CONGRESSO SNAG

Nei giorni 5, 6 e 7 aprile si è tenuto a Milano il XII Congresso Nazionale dello SNAG.
Questo il testo del mio intervento:


Probabilmente vi dirò cose che già sapete, sicuramente ripeterò concetti ed idee che avete già ascoltato o letto, ma conto sul vostro perdono e sulla vostra attenzione considerando che questo è il decimo Congresso SNAG a cui partecipo e, come sicuramente vi hanno insegnato, bisogna rispettare o, meglio, sopportare gli anziani.

Continua l’ecatombe: la categoria dei giornalai sta scomparendo nel silenzio e in una indifferenza totale nonostante che nel nostro Paese circa l'85% dei ricavi sia ancora generato dal prodotto cartaceo.

La FIEG è solo un sepolcro imbiancato: ”vi dicono fatelo e osservatelo, ma voi non dovete fare secondo le loro opere perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito”. È, più o meno, quanto scritto nel Vangelo secondo Matteo a proposito degli scribi e dei farisei ma mi pare descriva fedelmente una Federazione Editori che da anni è latitante, che non vuole aprire un dialogo con i Sindacati di categoria, che si attiva unicamente per sottoscrivere accordi con l’ANCI e con l’ABI senza interpellarci e con l’unico scopo di imporre nuovi impegni, nuove vessazioni, senza dare niente in cambio.

I singoli editori si preoccupano unicamente di gonfiare tirature e diffusioni per aumentare gli introiti della pubblicità, inondano le edicole di inserti gratuiti e di incestuosi abbinamenti, tagliano i prezzi delle pubblicazioni incuranti dei danni economici procurati a redditi miserrimi, sberleffano la categoria con le spudorate offerte di abbonamenti a prezzi super scontati.

I giornalisti vivono sulla Luna, fingono di non sapere che ogni chiusura di una edicola significa un raggio di luce in meno sul satellite: rischiano di restare nel buio assoluto. Si offendono, si mobilitano, versano fiumi di inchiostro per gli annunciati tagli all’editoria e per le critiche di alcuni politici ma non hanno mai scritto una parola sulle migliaia di edicole chiuse in questi ultimi anni, su interi paesi dove i giornali non arrivano più perché editori e distributori non lo reputano economicamente vantaggioso. Per chi scriveranno quando non ci sarà più nessuno che venderà i loro giornali?

I distributori locali…. Beh, in tutti questi anni li ho definiti in vari modi, con parole non sempre (anzi mai) garbate ma ora vi leggerò alcune righe della lettera aperta scritta il 31 luglio 2018 all’On.le Vito Crimi da Pier Luca Santoro, consulente di marketing e comunicazione, autore dei libri L'edicola del futuro, il futuro delle edicole e I giornali del futuro, il futuro dei giornali. Da tempo Santoro è vicino al mondo delle edicole anche perché ha fatto il giornalaio; dal novembre 2018 è consulente del Dipartimento per l’informazione e l’editoria. Le parole che usa per i distributori locali sono forti, pesanti come pietre. Eccole:

“L’anello debole della catena non sono le edicole, come pensano anche alcuni editori che, appunto, non perdono occasione per chiedere a gran voce la liberalizzazione della vendita dei giornali, credendo erroneamente che questo possa essere un modo per vendere di più, bensì i distributori locali baroni feudatari inamovibili, padroni della loro zona di competenza ed arroccati sulla loro incompetenza, despoti buzzurri di antica memoria che spadroneggiano nei confronti delle imprese editoriali e taccheggiano gli edicolanti impedendo qualsiasi armonizzazione, qualunque comunicazione tra editori e edicole.”

Mi pare che a queste parole ci sia ben poco da aggiungere.

Tutti conoscono da tempo questa situazione: parlamento, governo, amministrazioni locali, Fieg, editori, giornalisti ma nessuno ha mai fatto niente, come le tre scimmiette del santuario di Toshogu. Non vedono, non sentono, non parlano. Solamente Report ha evidenziato il problema in TV, solamente lo SNAG ha avuto il coraggio di presentare una marea di denunce per i balzelli imposti dai distributori locali ai rivenditori.

Forse qualcosa sta cambiando. L’On. Crimi, Sottosegretario all’Informazione e all’Editoria, ha manifestato una certa attenzione nei confronti della rete edicole affermando che si tratta di “una preziosa rete distribuita nel territorio” e che “occorre ripensare ad una serie di interventi per valorizzare questa rete”.

Al riguardo devo ricordare che il Governo, fornendo concreto seguito alle sollecitazioni dello SNAG in merito all’opportunità di alleggerire il carico fiscale sulle edicole, ha introdotto in finanziaria una serie di misure di sostegno che prevedono un credito di imposta nella misura massima di 2000 euro.

Invece, non condivido totalmente il pensiero dell’On. Crimi quando afferma che le edicole devono trasformarsi, anche, “in luoghi di primo accesso da parte dei cittadini a servizi della Pubblica Amministrazione”. Alcune attività di servizio, come il pagamento delle utenze, ricariche telefoniche, ecc. sono già fornite dalle edicole ma questi servizi danno guadagni irrisori.

La suggerita trasformazione sicuramente alleggerirebbe gli oneri della Pubblica Amministrazione ma non darebbe alle edicole un vantaggio effettivo, anzi i rivenditori si troverebbero a fornire un servizio che consuma tempo e non crea un vero ritorno economico.

Al riguardo torno nuovamente alla lettera aperta di Pier Luca Santoro che dice: “Se il presupposto è quello, assolutamente condivisibile, di valorizzare le edicole, si tratta di farle tornare a generare ricavi degni di questo nome per persone che, vale la pena di ricordarlo, lavorano 14 giorni di fila senza sosta, con orari che tutti noi conosciamo, per riposare una domenica e dunque riprendere la loro attività per altri 14 giorni consecutivi. Si tratta pertanto di identificare elementi di redditività e non solamente di attirare potenziali clienti.”

Ma dove dobbiamo cercarli questi elementi di redditività?

Il primo pensiero va alla diversificazione dei prodotti da mettere in vendita. Affiancare ai giornali souvenir, bigiotteria, pastigliaggi o quant’altro che dia margini di ricarico superiori ai giornali può essere un’idea ma spesso impedita dalla scarsità di spazio. Difficilmente questa opzione può essere attuata da chi opera in piccoli chioschi se non aumentando la superficie del suolo pubblico da occupare con la conseguente maggiorazione del canone.
La vendita dei tabacchi, anche se ha un aggio modesto, potrebbe invece dare un piccolo aumento del reddito ma trova una forte opposizione della FIT.

Dei vari servizi ne ho già accennato, sicuramente possono incrementare il numero delle persone che si avvicinano all’edicola ma pensare che possano risolvere i problemi di cassetto, visti i risicati margini ed i tempi necessari per certe operazioni, è illusorio.

Non credo che la soluzione di trasformare le edicole facendole diventare di fatto delle agenzie multiservizi per l’accettazione e la consegna di posta e pacchi sia la soluzione vincente; non credo che l’affidamento della spedizione di dolci natalizi da inviare ai propri cari lontani o degli abiti invernali al figlio universitario all’estero (l’esempio è tratto da una circolare di altra sigla sindacale) risolverà i problemi del cassetto.

La categoria non ha bisogno di maggior lavoro ma di maggior reddito!

È vero che l’idea dell’edicola info-point, dell’edicola/anagrafe, nata a Firenze come caso pilota, può portare ad una riduzione del canone del suolo pubblico ma l’Italia non è fatta solo di chioschi e non tutti i Comuni sono Firenze.

Qualcuno potrebbe anche credere che abbracciare l’idea dell’edicola madre sia una soluzione per incrementare i ricavi.

Al di là che l’idea è fortemente sponsorizzata dagli editori per cui mi viene da pensare che sia sicuramente una fregatura per i giornalai, potrei anche rivedere il mio parere solamente se venissero chiarite esattamente le modalità di fornitura, di consegna, di resa e, soprattutto, la misura dell’aggio. La gestione di questa operazione è sicuramente più complessa di una normale vendita per cui l’aggio da corrispondere all’edicola madre deve essere sensibilmente superiore a quello in uso.

Altri pensano che si potrebbero aumentare i clienti delle edicole osteggiando la lettura dei giornali nei bar: lo so che leggere a sbafo è un fenomeno sempre più in crescita, per i quotidiani ormai è stata superata la soglia del 60 per cento, ma davvero vogliamo credere che una tassa tipo quella della SIAE farebbe sparire i giornali dai tavoli dei bar? Per un cappuccino e una brioche in più i baristi sono certamente disposti a pagare una tassa. Provate a entrate in un bar con annessa edicola: troverete sui tavolini quotidiani da leggere gratuitamente! Sono masochisti? Non credo, utilizzano i giornali come i cacciatori usano gli specchi per attirare le allodole. E con la sperimentazione del 2000 gli specchi glieli hanno regalati gli editori.

E allora dove andiamo a cercarlo questo benedetto aumento della redditività?

Ma in edicola, naturalmente.

Dobbiamo prima di tutto ottenere un aumento delle percentuali di sconto attualmente previste dall’Accordo Nazionale nonché l’abolizione della defiscalizzazione.

Da rivedere completamente, adeguandolo all’effettive operazioni di lavorazione, il compenso per gli inserti di qualsiasi genere, gratuiti o a pagamento.

Dobbiamo pretendere che in caso di cut-price la percentuale sia calcolata sul prezzo effettivo del giornale: non è possibile che operazioni spacciate come promozionali siano sovvenzionate da redditi sottratti ai giornalai.

Gli abbonamenti, tutti gli abbonamenti, devono essere veicolati attraverso le edicole con un aggio adeguato: gli editori non possono offrire abbonamenti scontati all’ottanta per cento e poi proporre all’edicolante aggi irrisori!

Personalmente ritengo che l’estensione del conto deposito a tutti i giornali e/o la dilazione del pagamento dell’estratto conto siano solo dei palliativi, non inutili ma certamente ininfluenti considerato lo stato di salute economica delle edicole.

Tutto questo però può non bastare.

E qui entra in ballo la capacità professionale, la necessità di togliersi la servile livrea del “porgitore di giornali” e indossare l’abito del “commerciante”, del “venditore di giornali”.

E’ indispensabile promuovere, dare più spazio, più visibilità a prodotti il cui prezzo dà ricavi maggiori e trovare editori che siano disponibili a “pagare” promozione e visibilità dei loro prodotti. La professionalità ha un prezzo in tutti i settori, perché non lo deve avere per i giornali?

I giornali a basso costo possono tranquillamente riposare sotto il banco o nei retrobottega oppure tornarsene immediatamente nelle rese altrettanto tranquillamente specie se forniti in eccedenza.

Liberiamo spazio nelle edicole restituendo tutte quelle pubblicazioni che per legge, ripeto per legge, sono irregolari e quindi non soggette alla parità di trattamento e che vengono inviate in edicola con sconto (lordo) del 19 per cento.

Sono tante e qualcuna anche con vendite stimolanti: vi siete mai chiesti per quale motivo un editore non ha interesse a regolarizzare una pubblicazione e preferisce affrontare il rischio di una resa anticipata?

Perché dovrebbe sostenere un costo per la regolarizzazione e perché sono pochissimi i giornalai che rendono i prodotti irregolari.

Una resa massiccia lo costringerebbe invece ad una scelta: o regolarizzare il prodotto accollandosene il costo (spesso non indifferente) oppure offrire al rivenditore uno sconto maggiore in cambio del non uso del diritto di resa immediata. Certamente la categoria dovrebbe essere unita, sicuramente qualche vendita andrà persa, ma senza dubbio una resa significativa obbligherebbe l’editore a trattare e la trattativa non sarebbe ovviamente al ribasso!

Ma non sarà facile essere ascoltati, per troppo tempo abbiamo subito in silenzio, siamo al punto di non ritorno, se la categoria non si mobilita è destinata, se non a scomparire, a subire ulteriori chiusure numericamente importanti.

Non bastano i presidii, non bastano le locandine esposte all’incontrario, dobbiamo aumentare la pressione sulla FIEG per rivedere urgentemente i compensi, gli aggi, in un nuovo Accordo Nazionale che finalmente inverta la tendenza al ribasso registrata negli ultimi Accordi.

Ed allora suggerirei di rispolverare una iniziativa troppo presto abbandonata e dimenticata: il “Leggi e vendi” che molto fastidio aveva dato alla FIEG tanto che l’operazione venne definita “truffaldina” dal quotidiano della Poligrafici Editoriale. Riproporla su larga scala avrebbe due risultati positivi: il primo, aumentare la redditività delle edicole; il secondo, quello di far capire agli editori ed alla FIEG che la categoria non è più disposta a tollerare ulteriori rinvii del rinnovo dell’Accordo Nazionale, non è più propensa ad accettare apaticamente la loro protervia, la loro ostinata arroganza.

Grazie per la pazienza.

 Lucio Toffetti – SNAG Lucca

Al termine dei lavori Gino Cerboncini, Presidente Provinciale dello SNAG di Lucca, è stato confermato alla carica di Consigliere Nazionale mentre io sono stato confermato quale componente della Giunta Nazionale.
Andrea Innocenti di Firenze, già Vicepresidente Nazionale, è il nuovo Presidente Nazionale. Completano il successo della Toscana l'elezione di Cesare Magnani di Firenze a Vicepresidente Nazionale, di Silvia Nani di Montecatini Terme a componente della Giunta Nazionale e di Marco Torracchi di Pistoia alla carica di Consigliere Nazionale.