giovedì 19 gennaio 2012

LA BOZZA


Non so quanti di voi abbiano dato almeno un’occhiata alla bozza (incompleta) delle liberalizzazioni che il governo si appresta a varare.
All’art. 43 (liberalizzazione del sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica) sono previste alcune modifiche al Decreto Legislativo n. 170/2001 e precisamente:
a)    Abrogazione del limite minimo di superficie previsto per le medie e grandi strutture di vendita;
b)    Abrogazione del limite minimo di vendita per gli esercizi adibiti alla vendita di libri e prodotti equiparati;
c)    Sostituzione dell’art. 5 comma 1 lett.b) con il seguente “le condizioni economiche e le modalità commerciali di cessione delle pubblicazioni, comprensive di ogni forma di compenso riconosciuta ai rivenditori possono variare solo in funzione dei risultati conseguiti dall’esercizio e dei volumi di giornali acquistati nei punti vendita”.
Secondo quanto riportato nella “relazione illustrativa” tali disposizioni ampliano “l’offerta dei punti vendita così favorendo un più ampio volume di vendite” e potenziano “le condizioni di concorrenza tra i rivenditori”.
Da non dimenticare che l’art. 23 della bozza prevede negli impianti di distribuzione carburanti è sempre consentita, senza limiti di superficie, la vendita di quotidiani e periodici.

Premetto che, come ampiamente dimostrato dai risultati della sperimentazione del 1999, è totalmente assurdo sostenere che un aumento dei punti di vendita porti a un consequenziale aumento delle vendite specie in un settore che ormai da anni è colpito da una crisi direi inarrestabile con costanti cali di vendite e di introiti pubblicitari. E già il millantare “un più ampio volume di vendite” la dice lunga sull’effettiva conoscenza del mercato editoriale che ha l’estensore della relazione.
Non so invece come definire il previsto potenziamento delle “condizioni di concorrenza tra i rivenditori” anche perché non mi è chiaro quali dovranno essere i “risultati conseguiti dall’esercizio” . Economici? Simpatia? Disponibilità? Competenza?
Più esplicita la locuzione “dei volumi dei  giornali acquistati” pur se contiene due errori: intanto noi non acquistiamo nessun giornale (sono di proprietà degli editori fino al momento della vendita); poi, se vogliamo fissare un parametro, credo sia più attinente quello relativo al volume delle vendite e non quello relativo alle forniture.
A parte queste discrasie linguistiche, da cosa dovrebbe nascere il potenziamento delle condizioni di concorrenza se, come tutti sanno (o meglio, dovrebbero sapere), il prezzo di vendita della stampa quotidiana e periodica è stabilito dall’editore e non può subire variazioni?
Una cosa è certa: così si andranno a premiare esclusivamente le rivendite che hanno alti fatturati, quali, ad esempio, quelle nei supermercati già oggi avvantaggiate sia per il limitato numero delle testate in vendita sia per le diverse condizioni di pagamento e molte rivendite di periferia e ancor più quelle poste in frazioni isolate saranno destinate a chiudere.

E pensare che il rappresentante dell’Antitrust al nostro Congresso di Firenze del 2010 era arrivato (riporto da Azienda Edicola) alle seguenti conclusioni:

 Più flessibilità nel settore: in Francia vengono dati premi per la qualità delle rivendite mentre in Gran Bretagna è previsto un costo supplettivo di trasporto in base ai valori venduti: paga di più chi vende meno.
 Bisogna circoscrivere la parità di trattamento per i presunti editori. Il rivenditore deve poter rifiutare la testata invenduta più volte e che il distributore continua a fornire (applausi scroscianti).
 Nei punti vendita esclusivi siamo presenti con 3-4 mila testate: bisogna arrivare a scremare questo dato non più sopportabile dall’edicola. Bisogna stabilire un fatturato minimo dell’editore che entra sul mercato (applausi scroscianti).
 Remunerazione sul venduto per la distribuzione
 Riscoperta del contratto estimatorio, no anticipazione continua di soldi dal punto vendita (applausi scroscianti), ridurre le rese, più margini di discrezionalità.

Tante belle parole, tanti bei proponimenti, tante (nostre) illusioni. E adesso – come scrive ripetutamente un collega del Nord Italia – in un fragoroso silenzio arriva la liberalizzazione.

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