domenica 18 marzo 2012

AMENITA' PERICOLOSE


Per chi se lo fosse perso questo è l’articolo apparso su QN – Il Giorno – Il Resto del Carlino – La Nazione di mercoledì 14 marzo.

Mi chiedo come sia possibile scrivere e pubblicare su un giornale simili amenità.
Posso parzialmente (molto parzialmente) giustificare i 413 deputati del Pdl, Udc, Fli, Idv e riformisti del Pd, che hanno approvato l’ordine del giorno in quanto niente sanno della vendita dei giornali, tuttalpiù in edicola mandano i loro portaborse e poi adesso è più in usare l’iPad; capisco un po’ meno l’Onorevole Pier Ferdinando Casini che, se non altro per questioni di parentela, qualche cosa del mondo dell’editoria dovrebbe conoscere; lascio senza commento le retoriche affermazioni degli Onorevoli Raisi e Borghesi.
Non riesco invece a trovare nessuna giustificazione per il giornalista, il direttore e l’editore del quotidiano, che dovrebbero conoscere perfettamente e compiutamente ogni singolo attimo della vita della loro creatura. Probabilmente il loro interesse si esaurisce con la stampa del quotidiano e ignorano completamente sia i problemi della distribuzione sia quelli della vendita (e della resa) dello stesso.
Siccome “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”, ritengo che l’articolo in questione abbia volutamente falsato la verità allo scopo di portare acqua al mulino degli editori che vorrebbero ampliare il numero dei punti di vendita addossando costi e problemi sugli edicolanti.
Secondo il giornalista, in edicola passano solo i lettori abituali, gli altri andrebbero “indotti in tentazione” con giornali esposti tra le bistecche, tra la lattuga, in farmacia, in un negozio di abbigliamento o, perché no, in un bar dove magari i clienti preferiscono leggerli a sbafo tant’è che qualcuno vorrebbe far tassare i baristi per questo. Il macellaio, il fruttivendolo, il farmacista, ecc. ovviamente dovranno essere d’accordo (monsieur de La Palisse si rigira nella tomba) e “guadagnarci qualcosa”. Pare l’uovo di colombo sostiene il giornalista dimenticando che Colombo va scritto maiuscolo poiché non si tratta del volatile.  Signor giornalista quant’è questo “qualcosa”? Lo sa Lei che lo sconto su un giornale è del 18,77 per cento sul prezzo di copertina? Lo sa che venduto un quotidiano a un euro e venti centesimi rimane al giornalaio un utile lordo di 23 centesimi? Dovrò dividere questo tesoretto al 50% con il macellaio e compagnia bella consegnando loro un certo numero di giornali che dovrò in qualche modo contabilizzare per giustificare la cessione scontata gestendo poi anche gli eventuali invenduti e ben sapendo che non solo le mie vendite non subiranno alcun aumento ma anzi favorirò l’allontanamento dalla mia edicola dei miei clienti?
Sono vecchi discorsi questi, da anni ciclicamente riproposti dagli editori per attribuire le responsabilità della crisi dell’editoria solo ed esclusivamente agli edicolanti definiti lobby, collo di bottiglia, più propensi alle feste che a lavorare.
Vecchi discorsi che sono sempre riportati ed enfatizzati particolarmente, guarda caso, sui quotidiani dello stesso gruppo dimenticando l’enorme flop della sperimentazione che ha visto nascere migliaia di punti vendita “alternativi” che molto velocemente, salvo rare eccezioni, sono scomparsi dopo che i titolari degli stessi si erano accorti che il gioco non valeva la candela. Ma si continua a dire e a scrivere che sono necessari altri punti di vendita, questa volta contrabbandandoli come una positiva opportunità per gli edicolanti: mavaffa un bicchiere (cit. Santoro).
Più grottesca la parte finale dell’articolo (riproposta sempre sul medesimo quotidiano il successivo 15 marzo) dove si riportano le dichiarazioni dell’Onorevole Mazzuca (guarda caso ex direttore de Il Resto del Carlino) che, dopo aver proposto l’ordine del giorno di cui parla l’articolo stesso, è adesso intenzionato a far approvare delle norme che rendano possibile l’aumento degli orari giornalieri delle edicole per vendere i giornali appena stampati e le aperture la domenica e i giorni festivi.
Un ex direttore di un quotidiano dovrebbe sapere che in forza di un Accordo Nazionale FIEG/Sindacati Rivenditori l’orario di funzionamento delle edicole non deve essere inferiore alle 12 ore giornaliere dal lunedì al sabato ed almeno fino alle ore 13 della domenica. Dovrebbe anche sapere che su 365 giorni dell’anno le edicole sono chiuse nelle seguenti cinque festività: 1 gennaio, lunedì di Pasqua, 16 agosto, 25 e 26 dicembre. Sono i giorni in cui non escono i quotidiani in quanto il 31 dicembre i giornalisti e i tipografi vanno ai veglioni, il giorno di Pasqua sono a tavola con i familiari, il 15 agosto in gita al mare e la vigilia di Natale alla Santa Messa (dimenticavo: tutto questo mentre i giornalai sono invece in edicola).
Quindi per merito dell’Onorevole Mazzuca avremo l’opportunità di incrementare i nostri incassi grazie alle massaie che acquisteranno il quotidiano dal macellaio/sub-edicolante ma come riconoscente contropartita dovremo lavorare di più, almeno 16 ore il giorno e rimanere aperti anche nelle cinque festività di cui sopra, non importa se non avremo niente da vendere.

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