mercoledì 17 febbraio 2010

IL TEMPO PASSA MA NIENTE CAMBIA ...

E' un articolo vecchio di dieci anni ma, viste le probabili modifiche alla vigente normativa sulla vendita di giornali quotidiani e periodici, mi pare giusto riproporlo.


Mio nonno mi parlava sempre di due 24 maggio, di quello del 1915 quando partì militare proprio nel giorno in cui l’Italia dichiarò guerra all’Austria e di quello del 1918 quando, all’indomani della battaglia del Piave, pianse per la gioia di essere ancora vivo.

Io ancora non ho nipoti, ma spero di averne almeno uno, un giorno.

E a lui racconterò anch’io di un 24 maggio. No, non quelli di mio nonno, ma quello dell’anno 1999, quello vissuto da me, quello che ha visto l’inizio della “sperimentazione” nella vendita dei giornali.

Non sarà una storia bella, non potrò parlare di vittorie, niente di eroico o di epico. Sarà la storia di un amore finito male, senza lacrime perché soffocate dalla rabbia, quella rabbia che mi satura persino i pori della pelle, quella rabbia che mi prende quando qualcosa di grande, di bello, di perfetto viene rovinato dall’incompetenza, dall’ignoranza, dall’imbecillità e dall’arroganza di chicchessia.



“Vedi” racconterò a mio nipote “ho amato molto il mio lavoro di giornalaio, l’ho amato per più di trentanni, con passione, con dedizione, con attaccamento.

Un amore difficile, fatto di continui sacrifici, di levatacce prima dell’alba, di festività non godute, di ferie non fatte, di rutinari problemi con il trasportatore che non arrivava, con le mancanze, con i tagli delle forniture, con i conti che non tornavano.

Un amore che avevo accudito attentamente, curato, coccolato direi: avevo avuto la fortuna di lavorare in un negozio, non in un chiosco come tanti miei colleghi esposti al caldo ed al freddo delle stagioni ed asfissiati dai gas di scarico delle auto.

Mano a mano che il lavoro cresceva ed il mio amore diventava più grande io aumentavo le mie cure, le mie attenzioni: nuovo arredamento, nuovo banco, introduzione dell’informatica…………..

Poi è arrivato il 24 maggio. No, non è stato un fulmine a ciel sereno. Erano anni che gli editori accusavano noi giornalai di essere responsabili di tutti i mali della stampa in Italia, avevano ripetutamente fatto scrivere a giornalisti prezzolati che eravamo una setta corporativa, una potente lobby che voleva mantenere i propri privilegi (quali?), che la vendita dei giornali doveva essere liberalizzata come quella dei dentifrici. Solo così gli italiani sarebbero diventati assidui lettori.

E così i politici, maestri nell’arte del do ut des (mai mettersi contro gli editori che hanno in mano una buona parte dell’informazione) avevano architettato un classico compromesso all’italiana partorendo una leggina che consentiva la vendita sperimentale dei giornali nei bar, tabacchi, supermercati, eccetera.

Questo fatto non aveva però scalfito il mio amore per la carta stampata anche se pensare ai giornali buttati là, abbandonati su un banco di un supermercato o confinati in un misero espositore nascosto in un angolo di un bar, non mi faceva molto piacere.

Era come vedere la propria amata trascinata via da una banda di briganti e portata in mezzo ad una strada a prostituirsi.

Comunque, pensai, se sperimentazione dev’essere, sperimentazione sia tanto noi giornalai saremmo riusciti a dimostrare che la nostra competenza, la nostra professionalità, la nostra abitudine ai sacrifici non erano seconde a nessuno ed il confronto non ci faceva paura.

Sapevo che non sarebbe stato un confronto ad armi pari: i bar-tabacchi, senza investire una lira in particolari arredamenti, avrebbero sicuramente puntato solo sui quotidiani che necessitano di poco spazio; i supermercati, grazie alla loro potenza economica, avrebbero preteso ed ottenuto di ricevere solo grossi quantitativi di pubblicazioni “buone”, facilmente commerciabili: per gli sperimentali, quindi, niente pornografia, niente ridistribuiti, niente cataste di prodotti paraeditoriali che ti succhiano spazio, tempo e soldi.

Sapevo anche che qualche pericolo poteva derivare dalla mancanza nella legge di un criterio distanziometrico, però, via, la F.I.E.G. aveva ripetutamente garantito ai nostri Sindacati la massima attenzione ad evitare travasi di vendite o penalizzazioni per i punti vendita già esistenti. Nessuna sovrapposizione e, quindi, nessun pericolo: solamente la ricerca di nuovi lettori nell’interesse di tutti, ripetevano gli editori.

Ma (c’è sempre un “ma” nelle storie non a lieto fine) nella mia analisi avevo dimenticato un fattore: la scelta dei punti sperimentali da attivare nella zona di Lucca era stata attribuita dalla F.I.E.G. ad un ispettore di una testata da sempre faziosamente schierata per una completa liberalizzazione della vendita dei giornali.

Non so con quale criterio costui abbia operato: forse aveva messo tutti i nomi dei richiedenti in un sacchetto ed aveva tirato a sorte, forse era andato a simpatia, forse credeva di giocare a Monopoli, forse aveva obbedito anche troppo attivamente ad ordini ricevuti.

Sicuramente non aveva usato il buonsenso, certamente aveva dimostrato una insuperabile incompetenza ed un totale menefreghismo nei confronti di una categoria alla quale, quantomeno, doveva un minimo di rispetto.

Così dei primi otto punti sperimentali scelti dalla F.I.E.G. due erano andati a meno di 50 metri da rivendite esistenti, due a meno di 100 metri e due a meno di 200 metri. E poi ancora altri a pioggia, senza alcun criterio logico e, comunque, sempre in zone già servite.

Disattese le promesse, traditi gli accordi sottoscritti, la F.I.E.G. aveva ottenuto, stravolgendo lo spirito della sperimentazione, la possibilità di decidere dove aprire nuovi punti vendita senza dover ascoltare governo, regioni, amministrazioni comunali e sindacati. Una vera beffa!”



“Sai nonno” mi interromperà mio nipote “questa storia mi ricorda molto quella di Pinocchio alle prese col Gatto e la Volpe …...”



“Sì, siamo stati un po’ citrulli a credere alle promesse della F.I.E.G.! E dire che ci avevano già abbindolati in tante altre occasioni. Ma avevano montato l’opinione pubblica contro di noi, avevano fatto aleggiare lo spettro della Bersani, avevano dalla loro parte molti, troppi uomini politici……”



“Ma dai, nonno! Che scuse sono queste? Bastava far scendere in piazza 35.000 famiglie di giornalai. Perché non lo avete fatto?”



“Perché …. perché…. Senti, smettila con domande a cui non so come rispondere e portami quel libro, sì quello sul comodino, quello che gli editori hanno mandato come strenna a tutti i giornalai, “I Miserabili”, proprio quello”.







Lucio Toffetti



Lucca

Nessun commento:

Posta un commento